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9 Aprile 2020Riecine Chianti Classico dal 1971
Riecine, siamo a Gaiole in Chianti, una delle aziende vinicole più alte della zona. Riecine era originariamente di proprietà di un vicino monastero fino al XX secolo. La tenuta si trova in prossimità di scavi di un antico insediamento etrusco.
Su queste alte colline austere perdi la dimensione temporale e quando assaggi il Chianti Classico di Riecine senti scorrere la tradizione nelle vene. Sensazione difficilmente spiegabile. Solo trovandosi qui la puoi capire. Anche la stagionalità ci mette il suo: il vento gelido e vigne spoglie.
Ma appena entri nell’azienda tutto si accende di colore e di calore. Un’accoglienza unica, gentilezza autentica. Ti senti a casa.
I colori arricchiscono la cantina allegramente dipinta. Acini parlanti, volteggianti, danzanti. Le botti, gli ovetti di cemento, sembra che siano parte di un quadro spensierato, quasi animato.
Per poi arrivare un’incredibile verticale delle vecchie annate. Dal Chianti Classico e Chianti Classico Riserva d’annata fino ad un memorabile La Gioia dell”85.
Due fattori distinguono maggiormente l’azienda: l’altezza dei vigneti e l’età delle vigne. Do per scontato che la raccolta viene fatta manualmente. Qui lo diamo per scontato, altrimenti non sarei neanche a scriverlo.
Il fatto che l’altezza dei vigneti varia dai 450 a 600 metri s.l.m. influisce molto sulla maturazione dei vini. Maturano più tardi rispetto alle zone basse e garantiscono maggior freschezza nei vini, anche se comporta qualche maggiore difficoltà nella lavorazione.
Mentre l’età delle vigne qui varia dai 25 anni fino ad arrivare ai 45. Anzi, maggior parte dei vini sono realizzati con i vigneti di 40-45 anni. Io adoro le vecchie vigne. Per i miei gusti l’eleganza che riesce a conferire una vecchia vigna al vino è impareggiabile. Solo che non è facile per un vigneto arrivare in gran forma e salute a quell’età.
Siamo stati veramente fortunati a poter assaggiare una delle ultime bottiglie di passito Sebastiano del ’01, fatto con le uve Trebbiano e Malvasia. Un’esplosione di profumi e sapori, complessità fuori dal comune. Purtroppo il vecchio vigneto ci ha abbandonato ma prima di farlo ci ha donato le ultime gocce di questo nettare divino.
E poi La Gioia del ’85. Lo era di nome e di fatto, sorprendente longevità. Fatto con solo uve Sangiovese, come il resto dei vini dell’azienda, a parte il freschissimo e purissimo Merlot TreSette (mi manca il perché del nome) che tra altro viene coltivato con le pratiche biologiche e quindi anche certificato.
Al di là delle certificazioni, la qualità qui la fa da padrona. Mi ripeto sempre, le certificazioni sono un mezzo di comunicazione verso il consumatore e non tolgono il fatto che vini siano prodotti con il massimo rispetto verso la natura e verso il prodotto finale. E qui il rispetto lo si comprende nel senso più profondo.
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