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29 Agosto 2021Il Friulano – il vino e i suoi terreni
Amo molto il Friulano, chiamato ancora Tocai nella sua patria, anche se dal 2007 il divieto di utilizzo del nome Tocai ha cambiato la forma ma non la sostanza. Se provo a dire a un nostro parente friulano di 96 anni “ti verso un calice di Friulano” di certo mi chiederà in che lingua parlo.
Le analisi del DNA sul vitigno hanno rivelato che il Friulano non è altro che è il Sauvignonasse, un vitigno bordolese quasi scomparso, che arrivò in Friuli, probabilmente assieme al Sauvignon, a metà dell’Ottocento.
Nel 1993, la Comunità Europea, dopo aver mediato un accordo tra Italia e Ungheria, ha vietato l’utilizzo della dicitura Tocai per il vino friulano a partire dal marzo del 2007, in quanto giudicato troppo simile all’omologo ungherese Tokaji. Ma i due vini hanno veramente ben poco in comune e visto che è stato così chiamato da generazioni è più che comprensibile che il nome sia indelebilmente impresso nella memoria delle generazioni presenti.
C’è chi parla di somiglianza di Friulano con il Sauvignon. Io non l’ho mai trovata. Il tipico friulano è un vino secco, delicatamente fruttato, con uno spiccato sapore di mandorla. Ma come in tutta la storia dei vini italiani è sempre il produttore a fare la differenza. Ho trovato dei friulani che hanno una diversità abissale nello stile produttivo ma sono tutti veramente ben fatti e che consiglio di assaggiare. Se lo fate in cantina sarà decisamente meglio. Vi aiuta ad “isolarvi” dalle interferenze e a comprendere appieno la filosofia del produttore. Io ne nomino giusto alcuni che mi sono rimasti nel cuore.
Il Friulano ’19 la Bellanotte. Con un’età media delle viti di circa 60 anni i vigneti, nonostante la poca altezza s.l.m., hanno un’ottima escursione termica tra il giorno e la notte. Vinificazione soltanto in acciaio e almeno 5/6 mesi in bottiglia. Ha una bellissima complessità, floreale, fruttato di pesca bianca, susine Claudie, agrumato gentile di pompelmo rosa, la classica nota di mandorla, ma tutto molto accentuato, per niente semplice, perfettamente integrato e equilibrato. Semplicemente lo adoro. Mi preme aggiungere che tutti i vini della Bellanotte di Paolo Benassi si distinguono per grande qualità e ricchezza organolettica e vi suggerisco di non perdervi il Pinot Grigio ramato di un color rame molto profondo, invitante e dal sapore avvolgente.
Il Friulano ’18 Aquila del Torre. Non vi aspettate il “classico” friulano: in questo caso si ha una complessità sensoriale notevole e una struttura importante. Direi che non è proprio possibile confonderlo con gli altri. Nasce nell’anfiteatro dei vigneti sui terreni detti Flysch, che consistono nella stratificazione di marne e arenarie di oltre 50 milioni di anni, risalente all’epoca Eocenica. Questo suolo costituiva il fondo marino e lagunare, formando nel tempo le colline sulle quali sono disposti i vigneti. E sono proprio questi terreni a conferire ai vini grandissima mineralità, sapidità, freschezza e intrigante complessità che riescono a sviluppare da subito e ancor di più nel tempo. La coltivazione qui è interamente biologica (certificata) e biodinamica. E il segreto giace nei terreni.
I terreni Flysch, detti anche Ponca, sono alla base del terroir friulano. La ponca, come già detto, è costituita da un’alternanza di strati di spessore variabili di marne (argille calcaree) ed arenarie (sabbie calcificate). La marna assorbe facilmente l’acqua ed è di consistenza tenera, l’arenaria è dura e impermeabile. In epoca primordiale queste aree si trovavano sotto il livello del mare in tre bacini dove lentamente si è venuta a formare una roccia unica. Questa roccia accomuna 5 denominazioni, 2 in Friuli (Colli Orientali e Collio) e 3 in Slovenia (Brda, Vipaska Dolina, Slovenska Istra).
Il Friulano di Marco Sara. Si trova a Savorgnano del Torre, nel comune di Povoletto, proprio come l’Aquila del Torre. Stessi terreni Flysch. Ho lavorato per anni con i vini di Marco, estremamente apprezzati in Veneto. Purtroppo in Toscana ho sempre difficolta di trovarli. Una straordinaria eccellenza. Dal 2011 l’azienda ha iniziato il percorso di certificazione biologica, anche se già dal 2005 i vigneti non sono più stati trattati con prodotti di sintesi. Vitigni autoctoni, fermentazioni spontanee, vinificazioni per singole parcelle, fermentazione con lieviti indigeni, la permanenza sulle fecce fini va dai 6 ai 24 mesi a seconda del vino, tutto ciò che va a creare i vini da personalità unica. E poi la vera chicca: il Friulano Erba Alta, un vino secco fatto con i grappoli attaccati dalla muffa nobile. La percentuale di botrytis varia in base all’annata e quindi ne derivano dei vini sempre diversi e non in tutte le annate è possibile produrlo. E vi prego, assaggiate il suo Picolit.
Il Friulano Fedele ’19 Tralci di Vita. Tralci di Vita, con i suoi 4 ettari vitati e per adesso soltanto 8.000 bottiglie totali prodotte, è una vera chicca enologica. Un azienda presa in mano da una coppia di ragazzi giovani e appassionati della viticoltura. Entrambi agronomi, Massimo e Maria Chiara, hanno rilevato l’attività da un anziano agricoltore del luogo, dandone nuovo slancio con l’obbiettivo di far conoscere a un pubblico più vasto i loro prodotti. Un altro bianco assolutamente da non perdere è il Sauvignon, prodotto con un clone praticamente unico che ha dato splendide soddisfazioni, offrendo oltre alla nota “fresca vegetale, un vasto ventaglio di erbe aromatiche, mentuccia e nipitella”. Il Friulano viene affinato per un periodo di 10 mesi a contatto con le fecce nobili, contribuendo alla sua struttura, eleganza e complessità sensoriale.
Il Friulano ’16 Vigna “Brazan” di clivi Brazan. Nasce dai vigneti destinati alla coltivazione biologica e dalle viti vecchi di 80 anni del versante sud-est del monte Quarin a Brazzano di Cormons, in provincia di Gorizia sui terreni Flysch, descritti in precedenza. Elegante, con note di anice, mandorla e pompelmo rosa, fiori gialli e leggere note di idrocarburo. Anche questo Friulano rimane a contatto con le fecce fini per 18 mesi e viene imbottigliato con una leggera filtrazione.
Il Friulano Toc Bas Ronco del Gelso. Ho lavorato per 4 anni con i vini dell’azienda e l’ultima volta li ho assaggiati due anni fa. Molto franchi e espressivi. Le note mandorla amara oltre alla nocciola, un fruttato gentile, un corpo importante da percepire la nota tannica, ma non al punto di sovrastare sull’eleganza. Riposa per un anno in botti di rovere da 25 ettolitri, dove acquisisce ulteriore struttura ma non sentirete mai il legno prevalente, sovrastante o fuori luogo. Anche il fatto che non svolge la malolattica aiuta a preservare la sua freschezza. Assolutamente da assaggiare anche il Riesling Schulz e il Traminer Passito Aur.
Friulano ’19 Gall. L’azienda agricola Gall nasce nel 1932 a Cormòns, alle pendici del Monte Quarin. Ora l’azienda si estende per circa dieci ettari coltivati a vigneto, situati in due zone DOC: il Collio e l’Isonzo. Un Friulano che esprime franchezza, più semplice nell’approccio ma che non definirei né semplice né esile come vino. Dona un bel compromesso tra la freschezza, i sentori floreali e fruttati, con la sua classica e leggera nota mandorlata. Molto didascalico, adatto per chi volesse lavorare il friulano a calice senza cercare cose sofisticate ma ben fatto.
La mia ricerca dei vini Friulano e Pinot Grigio nella tipologia ramato continua e vi prego, condividete con me quali sono i vostri preferiti.
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